lunedì 30 novembre 2009


Il Rito della messa

Iniziando il nostro percorso di scoperta della celebrazione Eucaristica, ecco i riti di introduzione che serviranno come base per le prossime catechesi


RITI DI INTRODUZIONE


Quando il popolo si è radunato, il sacerdote con i ministri si reca all’altare; intanto si esegue il CANTO D’INGRESSO.

Giunto all’altare,il sacerdote con i ministri fa la debita riverenza, bacia l’altare in segno di venerazione ed eventualmente lo incensa. Poi, con i ministri si reca alla sede.


Terminato il canto d’ingresso, sacerdote e fedeli, in piedi, fanno il SEGNO DELLA CROCE.

Il sacerdote dice:

Nel nome del Padre del Figlio
e dello Spirito Santo.

Il popolo risponde: Amen.


Segue il SALUTO, che il sacerdote rivolge al popolo allargando le braccia e dicendo:

La grazia del Signore nostro Gesù Cristo,
l'amore di Dio Padre
e la comunione dello Spirito Santo
sia con tutti voi. Cfr 2Cor 13,13

Il popolo risponde: E con il tuo spirito.

Oppure:
La grazia e la pace
di Dio nostro Padre
e del Signore nostro Gesù Cristo
sia con tutti voi. Cfr 1Cor 1,3

Il popolo risponde: E con il tuo spirito.
Oppure: Benedetto nei secoli il Signore.

Oppure:
Il Signore sia con voi.

Il vescovo dice: La pace sia con voi.
Il popolo risponde: E con il tuo spirito.

* Oppure:
Il Signore, che guida i nostri cuori
nell’amore e nella pazienza di Cristo,
sia con tutti voi Cfr 2 Ts 3,5

Il popolo risponde: E con il tuo spirito.

* Oppure:
Il Dio della speranza,
che ci riempie di ogni gioia
e pace nella fede
per la potenza dello Spirito Santo,
sia con tutti voi. Cfr Rm 15,13

Il popolo risponde: E con il tuo spirito.

* Oppure:
La pace, la carità e la fede
da parte di Dio Padre
e del Signore nostro Gesù Cristo
sia con tutti voi. Cfr Ef 6,23

Il popolo risponde: E con il tuo spirito.


* Oppure:
Fratelli, eletti secondo la prescienza di Dio Padre
mediante la santificazione dello Spirito
per obbedire a Gesù Cristo
e per essere aspersi del suo sangue,
grazia e pace in abbondanza a tutti voi. Cfr 1Pt 1, 1-2

Il popolo risponde: E con il tuo spirito.


Il sacerdote, o il diacono, o un altro ministro idoneo, può fare una brevissima presentazione della Messa del giorno.


Segue l’ATTO PENITENZIALE. Il sacerdote invita i fedeli al pentimento con queste parole o con altre simili.

1a formula: Fratelli,
per celebrare degnamente i santi misteri,
riconosciamo i nostri peccati.

* Oppure:

Il Signore Gesù,
che ci invita alla mensa della Parola e dell'Eucaristia,
ci chiama alla conversione.
Riconosciamo di essere peccatori
e invochiamo con fiducia la misericordia di Dio.

* Oppure, specialmente nelle domeniche:

Nel giorno in cui celebriamo
la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte,
anche noi siamo chiamati a morire al peccato
per risorgere alla vita nuova.
Riconosciamoci bisognosi della misericordia del Padre.

Si fa una breve pausa di silenzio.


Poi tutti insieme fanno la confessione:

Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli,
che ho molto peccato
in pensieri, parole, opere e omissioni,ù

e, battendosi il petto, dicono:

per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.

E proseguono:
E supplico la beata sempre vergine Maria,
gli angeli, i santi e voi, fratelli,
di pregare per me il Signore Dio nostro.

Segue l’assoluzione del sacerdote:

Dio onnipotente abbia misericordia di noi,
perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.

Il popolo risponde: Amen.
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2a formula: All’inizio di questa celebrazione eucaristica,
chiediamo la conversione del cuore,
fonte di riconciliazione e di comunione
con Dio e con i fratelli.

* Oppure:

Umili e pentiti come il pubblicano al tempio,
accostiamoci al Dio giusto e santo,
perché abbia pietà anche di noi peccatori.

Si fa una breve pausa di silenzio.

Poi il sacerdote dice:

Pietà di noi, Signore.

Il popolo risponde:

Contro di te abbiamo peccato.

Il sacerdote prosegue:

Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Il popolo risponde:

E donaci la tua salvezza.

Segue l’assoluzione del sacerdote, come indicato prima.


3a formula: Gesù Cristo, il giusto, intercede per noi
e ci riconcilia con il Padre.
Apriamo il nostro spirito al pentimento,
per essere meno indegni
di accostarci alla mensa del Signore.

* Oppure:

Il Signore ha detto:
chi di voi è senza peccato, scagli la prima Pietro.
Riconosciamoci tutti peccatori
e perdoniamoci a vicenda dal profondo del cuore.

Si fa una breve pausa di silenzio.


Poi il sacerdote, o un altro ministro idoneo, dice o canta le seguenti invocazioni o altre simili:

Signore,
mandato dal Padre a salvare i contriti di cuore,
abbi pietà di noi.

Il popolo risponde:

Signore, pietà. oppure: Kỳrie, elèison.

Sacerdote:

Cristo, che sei venuto a chiamare i peccatori,
abbi pietà di noi.

Il popolo risponde:

Cristo, pietà. oppure: Christe, elèison.

Sacerdote:

Signore, che intercedi per noi presso il Padre,
abbi pietà di noi.

Il popolo risponde:

Signore, pietà. oppure: Kỳrie, elèison.

Segue l’assoluzione del sacerdote, come indicato prima.
____________________________________________________________

Seguono le INVOCAZIONI Signore, pietà, se non sono state già dette o cantate per l’atto penitenziale.

V. Signore, pietà. oppure: V. Kỳrie, elèison.
R. Signore, pietà. R. Kỳrie, elèison

V. Cristo, pietà. V. Christe, elèison.
R. Cristo, pietà. R. Christe, elèison.

V. Signore, pietà. V. Kỳrie, elèison.
R. Signore, pietà. R. Kỳrie, elèison


Poi, quando è prescritto, si canta o si dice l’INNO:

Gloria a Dio nell'alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Noi ti lodiamo, ti benediciamo,
ti adoriamo, ti glorifichiamo,
ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa,
Signore Dio, Re de1 cielo, Dio Padre onnipotente.

Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo,
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre;
tu che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi;
tu che togli i peccati del mondo,
accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre,
abbi pietà di noi.

Perché tu solo il Santo,
tu solo il Signore,
tu solo l'Altissimo:
Gesù Cristo,
con lo Spirito Santo:
nella gloria di Dio Padre. Amen.


Terminato l’inno, il sacerdote, a mani giunte dice:

Preghiamo

E tutti, insieme con il sacerdote, pregano in silenzio per qualche momento.
Quindi il sacerdote allarga le braccia e dice la COLLETTA.


La colletta termina con la conclusione lunga:

- se è rivolta al Padre:

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

- se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell’orazione si fa menzione del Figlio:

Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

- se è rivolta al Figlio:

Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Il popolo acclama:

Amen

martedì 10 novembre 2009

La preghiera di Lode



Lo Splendore della gloria di Dio si manifesta in una forma particolare di preghiera che condividiamo con gli angeli ed i santi del cielo: la lode-adorazione.
Quando lodiamo il nostro cuore non è più ancorato alle preoccupazioni del mondo per le quali chiedere a Dio, non è legato a ciò che di contingente ci circonda, esso direttamente punta al cuore stesso di Dio, ne vede il mistero e lo contempla, si innalza fino a partecipare al flusso infinito di Amore che è l'essenza del nostro Dio. La lode infatti non si sofferma su questo o su quell'altro dono di Dio, ma direttamente si immerge nel suo splendore, nella sua luce e ne riconosce la Signoria, la regalità, la maestà.

La Chiesa che cammina sulla terra, quando si innalza nella lode, diviene completamente celeste, poiché adora il suo Sposo faccia a faccia, si assiede alla sua destra, non guardando più a se stessa, ma solo a Lui ed al suo Amore. La lode è la preghiera del Paradiso, poiché racconta di Dio ciò che Egli è e trasforma ciò che Egli fa in rivelazione della sua stessa essenza.

E' la preghiera apocalittica che si innalza al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito

“L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza, ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione” (Ap 5,12).

L'adorazione di ciò che Dio è nel suo mistero di amore è quanto di più grande lo Spirito concede all'uomo, è la liturgia estatica (fuori di sé) di chi è completamente decentrato. Non ha più importanza la fragilità, il passato, il futuro, il peccato, poiché tutto scompare dinanzi alla Gloria del Signore che si manifesta e che riempie il tempio che noi stessi siamo.

Dare lode a Dio è dare a Lui ciò che è suo, è riconoscere la sua Signoria sulla nostra vita e sul mondo, sulla storia e sugli eventi belli o brutti che caratterizzano il cammino di tutti e di ciascuno. Affermare la degnità di Dio, significa affermare la sua assoluta padronanza di qualsiasi cosa sia sotto il cielo e nel cielo e contemporaneamente affermare la nostra dignità di creature nuove, liberate e redente dal Sangue dell'Agnello.

La preghiera di lode è affastellamento di riconoscenza, nella quale non si esplicita più il perché od il motivo della lode stessa. La sua radice non è il relativo od il passeggero, ma Dio stesso e la sua opera di Salvezza:

“Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri, perché hai messo mano alla tua grande potenza e hai instaurato il tuo Regno” (Ap 110,17).

Riconoscere che il Signore è colui che è, significa affermare che la sua mano si stende sul tempo e sulla storia e che il suo progetto di Misericordia non è accidentale, ma è emanazione di ciò che Egli stesso è da sempre: Amore. Per tale motivo l'instaurazione del Regno non può non essere accompagnata dalla lode, poiché chi loda, misteriosamente, fa avanzare la luce del Regno, combatte in maniera piena la battaglia spirituale contro le forze del nemico, poiché partecipa in modo completo alla potenza stessa di Dio. La lode è lo strumento per il quale crolla qualsiasi fortezza del nemico e qualsiasi nostra resistenza, poiché è la pienezza della presenza dello Spirito in noi, il quale svela e manifesta i misteri di Dio al nostro cuore.

“Chi non temerà o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo” (Ap 15,3)

Non ci sono motivi per glorificare il Nome di Dio, se non Dio stesso e la sua Santità. Ciò che Egli compie per noi, pur essendo fondamentale, non uguaglia la gloria della sua stessa persona, donatasi a noi nel suo Figlio Gesù, il quale nello Spirito riconosce in noi la potenza del Padre. Manifestandosi potente Agnello Risorto, Egli ci ha aperto le porte del cielo, poiché ci ha immessi nella corrente infinta d'amore che intercorre tra Lui ed il Padre, quella corrente che è lo stesso Spirito. Ora l'amore, non ha bisogno di molte parole, ma semplicemente riconosce l'amato, lo eleva, lo innalza, non perché ha fatto questo o quello, ma per il fatto stesso di esserci e di esserci così com'è.

Nel momento in cui lodiamo Dio, noi non stiamo chiedendo altro a Dio di essere ciò che è, meglio, lo riconosciamo per ciò che Egli è, abbandoniamo qualsiasi nostra idea di Lui per accettarlo così come Egli è, ovvero il Santo Signore che tiene nelle sue mani il destino del mondo.

La lode è così accesso al futuro, è penetrazione dei tempi che saranno, per questo in essa possiamo vedere la nuova Gerusalemme, possiamo contemplare il suo splendore e rallegrarci: diventiamo testimoni degli eventi futuri, che nella lode ci sono già misteriosamente contemporanei

“Alleluia! Ha preso possesso del suo Regno il Signore, il nostro Dio l'Onnipotente” (Ap 19,6)

Che il Signore prenda possesso del suo Regno non significa altro che le potenze che a questo Regno si oppongono, sono abbattute; che qualsiasi falsa signoria è crollata dinanzi alla gloria stessa dell'Agnello, manifestata nella sua morte e Resurrezione. La Parusia, cioè il ritorno del Signore nella sua Gloria è un evento che avviene ogni qual volta, nella preghiera, lo riconosciamo come Signore e Salvatore. L'abbandono più grande non avviene quando ci offriamo al suo Amore, ma quando anche quest'atto di offerta diviene superfluo, poiché ciò che conta non è ciò che noi facciamo per Lui, ma ciò che egli è in se stesso e perciò per noi.

In Dio, nel Dio cristiano, non c'è infatti alcuna distinzione fra quanto Egli è nel suo profondo mistero e quanto ha compiuto per noi, poiché nell'uno e nell'altro caso Egli è semplicemente amore che si dona, ricchezza che si manifesta, sorgente inesauribile che si riversa senza fine. Il Dio cristiano non cela misteri inconoscibili al suo interno, ma rivela la sua natura nel dono del Cristo e nell'offerta dello Spirito.

Per tale motivo la Chiesa, i cristiani, non temono di richiedere il ritorno del Cristo nella storia ed oltre essa, poiché sanno che ad attenderli non è qualcosa di terribile, ma ancora una volta un'offerta infinita d'amore. Per questo esso dicono “Vieni”, perché nella lode riconoscono che la venuta del Cristo è instaurazione definitiva del Regno, è bellezza senza fine.

La lode è perciò contemporaneamente presenza e nostalgia, è attesa e compimento, è visione e velo. La lode ci decentra, poiché mette al centro, nello Spirito, il Cristo glorioso che consegna ogni cosa, anche ciascuno di noi, al Padre. In questo la morte è sconfitta, il peccato diviene definitivamente passato e la vita risorge interamente. Per tale porta i cristiani entrano nel Regno e diventano infine cittadini dei Santi e concittadini di Dio.

Per tale motivo la lode può esistere solo se ispirata dallo Spirito, poiché comporta un tale spossessamento di sé, da poter avvenire solo se un Altro prende completo possesso del cuore, della mente, dell'uomo nella sua interezza.

La lode è perciò presenza stessa di Dio che si manifesta nel suo Splendore salvifico. E' ritrovarsi dinanzi al Roveto ardente, riconoscendo nelle fiamme che non bruciano la bellezza stessa di Dio, che viene a darci un Fuoco che non consuma, ma rende ogni cosa luogo della sua presenza.

Maria, in questo senso ci aiuta a comprendere il mistero di tale preghiera con il suo

“L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva, d'ora in poi tutte le generazioni m chiameranno beata”.

Magnificare Dio vuol dire riconoscere la sua grandezza, che rende poi all'uomo l'esultanza. Guardare a Lui vuol dire perciò poter guardare la storia con la sua stessa visione, poiché essa, nel suo insieme diviene storia di salvezza, nella quale si compie il mistero dell'amore di Dio per gli uomini. Lodare lui vuol dire allora, entrare in una vera relazione con lui, con noi stessi e con gli altri, poiché la lode distrugge alla base qualsiasi forma di giudizio e pregiudizio, nei confronti suoi, della nostra vicenda e di quella degli altri. Riconoscere Lui vuol dire infine riconoscere noi stessi, e per questo non preoccuparsi più di nulla, poiché chi loda è entrato già nel Regno e come afferma Gesù stesso

Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33)

Nella Lode, dunque riceviamo ogni cosa, poiché in essa ritroviamo il Regno ed entriamo in esso, per sempre.